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Primario morto al largo di Capri e non ancora ritrovato, la denuncia della vedova: "Dai due sopravvissuti nessuna pietà per la scomparsa di mio marito"
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21/09/2017 - Per due mesi ha mantenuto la consegna del silenzio, sperando che dalle indagini arrivassero novità in grado di alleviare la propria sofferenza. Lei, donna in attesa che qualcuno le restituisca una traccia del marito, ha deciso di scrivere una lettera al Mattino, chiedendo attenzione sul proprio caso. Ma anche per criticare - e lo fa in modo civile e composto - l'atteggiamento assunto dai due compagni di viaggio del consorte scomparso.
Parla la vedova di Silvio Iodice, primario di otorinolaringoiatria al Cardarelli, novantenne amante del mare e della natura, scomparso nelle acque al largo di Capri la notte tra il 13 il 14 luglio. Ricordate cosa accaduto in piena estate? Un episodio che ha lasciato un velo di impotenza e malinconia nelle tante persone che avevano conosciuto l'anziano professionista: l'improvvisa avaria del motoscafo su cui Iodice aveva trascorso la mattinata al largo di Capri, la barca che cola a picco, la resistenza di Iodice e degli altri due passeggeri, Danilo Piscopo e Vincenzo Solano. E un epilogo triste, con la scomparsa del novantenne, mentre i due passeggeri riuscirono a sopravvivere per una notte intera fino all'ormai insperato salvataggio del giorno dopo.
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Due mesi dopo interviene Ersilia Cerino, la donna che attende una risposta dalle indagini condotte dalla Procura di Napoli sulla scomparsa del marito, che scrive al Mattino per rivolgersi agli inquirenti ma anche ai due sopravvissuti: «Mi lascia profondamente sconvolta la lettera dei due diportisti sopravvissuti apparsa sul Mattino on line di sabato 9 settembre scorso, da cui ho appreso la loro richiesta di un elicottero per sorvolare il tratto di mare da loro segnalato, che dovrebbe, sempre secondo loro, essere divenuto la tomba di mio marito! Tutto ciò al fine di lanciare un fiore e salutarlo per l'ultima volta sempre come dichiarato nella lettera comparsa sul sito on line del Mattino».
Chiaro il riferimento della donna, a proposito della lettera spedita dai due sopravvissuti (nonché testimoni di quelle che potrebbero essere le ultime ore di vita di Iodice), nel corso della quale i due ex naufraghi esprimevano alle autorità locali la volontà di abbracciare gli angeli che li salvarono lo scorso luglio.
Scrive oggi Ersilia Cerino: «È difficile poter spiegare a chi mi legge il dolore di una moglie che non ha un corpo da piangere e che dopo più di due mesi ancora nulla conosce della dinamica dell' accaduto, se non le varie, discordanti versioni acquisite dalla stampa. Ahimè, i due sopravvissuti non hanno mostrato finora la benché minima sensibilità: mai una parola su mio marito, mai una menzione per Lui, né nei miei riguardi la richiesta di un colloquio o una semplice telefonata. Mi chiedo quindi a cosa sia dovuta questa improvvisa manifestazione di cordoglio». E non è tutto. È sempre la donna a ricordare che al momento sono «in corso indagini da parte della Procura per accertare quanto i due sopravvissuti danno per cosa certa, vale a dire la morte di Silvio Iodice e il luogo in cui sarebbe avvenuto il decesso».
Una vicenda che ora attende gli esiti delle indagini in corso. Al lavoro dalla scorsa estate, il pm Emilia Galante Sorrentino, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Giuseppe Lucantonio, che hanno aperto un fascicolo per naufragio colposo. Inchiesta che punta i riflettori sulla cosiddetta «secca delle vedove», nome quantomai sinistro in questa vicenda, che fa i conti con la difficoltà di reperire il mezzo finito a fondo. Parliamo della «Again», una imbarcazione di nove metri salpata da Nisida lo scorso 13 luglio, restaurata da poco tempo e inspiegabilmente finita a picco.
Al momento, agli atti dell' inchiesta ci sono le versioni rese dai due sopravvissuti, in uno scenario investigativo che fa i conti con il tempo che passa e le condizioni climatiche che rendono sempre più improbabile il ritrovamento del relitto. Ora arriva la lettera della moglie del primario, che non risparmia riflessioni critiche sull' intera vicenda, alla luce della lettera spedita al Questore e al Prefetto dai due sopravvissuti. Lo scorso nove settembre, i due testimoni della scomparsa di Iodice avevano indirizzato una lettera di ringraziamento agli «angeli del cielo». Riferimento diretto ai poliziotti che li salvarono arrivando sul posto con il poli55, l' elicottero AB212 in forza al reparto di Napoli. Un testo nel quale hanno ripercorso la notte trascorsa in balìa delle onde, ma anche il senso di disperazione provato quando - nel buio più assoluto - sentirono il rombo di un elicottero in arrivo, senza avere alcuna possibilità di farsi notare nella notte. Diranno poi i due piloti: «Quando notammo quei due uomini tra le onde, non credevamo ai nostri occhi, ci eravamo spinti due miglia oltre il quadrante di mare assegnato dalla capitaneria per il perlustramento, un azzardo che premiò tutti». Poi il desiderio da parte dei due sopravvissuti di abbracciare i loro salvatori, ma anche di gettare fiori in memoria di Silvio Iodice. Ed è proprio questo uno dei punti che ferisce la dignità di Ersilia Cerino: «Finora vorrei una risposta concreta sulla scomparsa di mio marito, una risposta anche in chiave umana da parte dei due sopravvissuti».
(Il Mattino)

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