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CRONACA

Matrimonio a Capri con rito religioso negato dal Vescovo a una coppia di stranieri legati profondamente all’isola: il caso finisce all’attenzione di papa Francesco

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Forse non tutti sanno che un cattolico straniero non può sposarsi con rito cattolico nell’Isola di Capri. Da quando nel 1818 fu soppressa la diocesi, la chiesa di Capri è sotto la giurisdizione dell’Arcivescovado di Sorrento-Castellammare retto da un prelato che ha deciso di vietare i matrimoni religiosi di stranieri e non vi è verso di ottenere dispensa. Uno straniero si può sposare in qualunque parte d’Italia, anche in Vaticano ove può mettersi in coda e chiedere che il matrimonio sia celebrato dal Papa. Ma non a Capri e Anacapri ove è possibile celebrare cerimonie religiose con rito cattolico solo se uno dei due sposi risiede nell’arcidiocesi di Sorrento o se si è in presenza di altre condizioni contenute in un dettagliato vademecum diffuso dal Vescovo e reperibile anche sul web.

Basta andare nel golfo di Salerno e tutto cambia. La diocesi di Amalfi permette la celebrazione del matrimonio in chiesa anche a coppie che non risiedono in Costiera. A Positano i matrimoni vengono celebrati di norma nella Chiesa dell’Assunta, quella proprio sopra la Spiaggia Grande, mentre ad Amalfi si possono celebrare nel maestoso Duomo di Sant’Andrea. La diocesi di Roma pubblica una guida molto esauriente in cui specifica dettagliatamente tutto ciò che è necessario fare. Se il matrimonio è solo canonico ed i Contraenti hanno già celebrato il matrimonio civile o nel loro Stato o nel Consolato in Italia, dovranno esibire al Parroco insieme ai documenti religiosi il certificato di avvenuto matrimonio civile. Le indicazioni riassumono in modo organico i principi del Diritto canonico, i documenti pontifici, il Decreto Generale sul matrimonio e le disposizioni del Direttorio di pastorale familiare, oltre i più recenti documenti emanati dalla CEI. Hanno come riferimento la Diocesi di Roma, ma possono essere anche di utile consultazione per le altre Curie diocesane. I Parroci e coloro che collaborano con loro in questo ambito, si legge in incipit, hanno il grave dovere di non cedere ad una visione puramente burocratica delle investigazioni prematrimoniali di cui al can. 1067 C.J.C. Il loro intervento pastorale deve essere guidato dalla consapevolezza, con la precisazione che le persone possono proprio in quel momento scoprire il bene naturale e soprannaturale del matrimonio, ed impegnarsi di conseguenza a perseguirlo (dal discorso del S. Padre nell’udienza al Tribunale della Rota Romana del 30 gennaio 2004).

Paolo Orlandi, un italiano originario di Subiaco che per motivi di lavoro anni fa si recò negli U.S.A., non si è mai dimenticato del suo Paese ed è molto legato all’Isola di Capri, dove ha lungamente soggiornato facendosi stimare e compiendo opere di bene. Organizzò una grande gara di beneficenza al Palatium e donò un veicolo per il trasporto dei disabili all’Associazione ANFFAS di Capri che sui fianchi reca il nome della sua famiglia. Nel 1999 ricevette dall’ANFFAS di Subiaco il “Premio Amico dell’Anffas”, un riconoscimento che non può essere dato a politici o partiti politici. È scrupolosamente osservante della religione cattolica ed era sua aspirazione che il figlio si sposasse nella chiesa madre di Capri, ma l’inflessibile Vescovo ha detto no, senza motivare in alcun modo il suo diniego.

“Non si sa in quale peccato così grave siano incorsi questi nostri concittadini all’estero. Ed anche ammesso che siano dei peccatori, come si può pregare Dio per assolverli dai loro peccati?” si chiede un avvocato-giornalista napoletano, assiduo frequentatore dell’isola, che da tempo sta seguendo il caso da privato cittadino e che ha rimesso la questione nelle mani del Papa, al quale ha inviato una dettagliata lettera, augurandosi che da immigrato si ricordi cosa significa per un cattolico ritornare a casa.

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