Riceviamo e pubblichiamo.
Alla domanda se Capri è una città che può permettersi di avere aree cosiddette periferiche, con tutto ciò che le definisce e le contraddistingue, la risposta è ovvia: certamente e assolutamente no.
In effetti non è proprio così; si sono infatti lasciate costituire nel tempo, una serie di aree marginali che prospettano su strade a percorrenza veicolare obbligata che conducono proprio al centro della città stessa; rappresentano delle situazioni fuori contesto, in bella mostra e visibili a tutti coloro che raggiungono il centro in auto, in taxi, o meglio, avendone una visione dall’alto, più completa e panoramica, in un autobus del trasporto pubblico e privato.
Si tratta di spazi che si susseguono in sequenza di cui solo alcuni utilizzati per deposito merci e servizi essenziali e di cui se ne riconosce la necessità; la gran parte invece sono ex terreni agricoli trasformati per scopi privati, tutt’altro che essenziali per la comunità. In ogni caso ciò che è inaccettabile sono le condizioni di evidente precarietà nella quale quasi tutti indistintamente sono stati realizzati e sono tenuti.
Gli esempi più significativi sono le aree circostanti il primo tratto delle strade provinciali che dai Due Golfi conducono rispettivamente ad Anacapri e a Marina Grande e le aree che corrono lungo l’intero percorso di via don Giobbe Ruocco.
Un posto d’onore perché emblema del peggio, merita l’intero comprensorio del presidio ospedaliero, sia la struttura che il perimetro esterno alla stessa; la lunga e miserabile vicenda che continua a segnare il presidio stesso, non giustifica comunque l’indecente stato esterno del complesso; una incommentabile schifezza.
Il resto non è da meno; lungo i margini delle strade in questione sostituiscono le ormai “inutili” ed “improduttive” coltivazioni ad orto e vigneto: remunerativi parcheggi in alcuni dei quali auto, camion, furgoni sono sistemati alla meglio sulle balze di terreno; accumuli di materiale vario; scarico di quelli di risulta; esposizione e vendita all’aperto di prodotti; recinti con i varchi aperti, che trasbordano in altezza il contenuto e insudiciano la strada; baracche e pergolati con coperture varie e approssimate; lungo i confini con le strade, mura perimetrali e fabbricati circostanti sporchi e malmessi, recinzioni con incannucciati, tendoni e reti divelte e rappezzate. Un vasto ex giardino adattato alla meglio a parcheggio su via Don Giobbe, è “gestito” addirittura dalla stessa Amministrazione pubblica; se deve essere come lo è, uno spazio per la sosta di veicoli indispensabile per decongestionare l’asfittico porto commerciale, almeno lo si renda degno dello scopo.
In buona sostanza, un inammissibile e intollerabile spettacolo che, in più tratti, intercetta gli scorci panoramici di incredibile bellezza e suggestione che si godono dalle strade in questione. Sono zone che, con i debiti distinguo in termini di ampiezza e insediamenti ma pressoché simili in quanto ad approssimazione, disarmonia estetica, confusione e disordine, somigliano sempre più alle deprecate periferie di tanti paesi di un hinterland a noi vicino; tutto ciò in un territorio dove, per bellezze naturali, dimensioni, storia, tradizioni turistiche, neppure un solo metro quadro può essere considerato e “trattato” in tal modo.
Delle due l’una: o quelle in questione sono parti del territorio comunale che si è deciso di abbandonare a se stesse per cui ognuno può fare quello che crede, oppure si è a conoscenza di quanto avviene e gli stravolgimenti sono frutto di regolari ma incredibili autorizzazioni o più probabili tacite connivenze.
Entrambe le ipotesi sono quantomeno inquietanti e sconcertanti e meriterebbero chiarimenti o meglio un deciso intervento di riqualificazione che rientra esclusivamente nelle responsabilità e competenze, scelte e decisioni, volontà e capacità delle Amministrazioni comunali.
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