“Antologia 2018-2022”, a Capri dal 4 al 10 settembre la mostra di Mario Celentano
1 Settembre 2022
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Da domenica 4 a sabato 10 settembre, dalle 11.00 alle 21.00, nella sala espositiva in Piazzetta Ignazio Cerio 10 a Capri, avrà luogo la mostra di Mario Celentano dal titolo “Antologia 2018-2022”. Una breve introduzione alla mostra in questa relazione dell’autore che pubblichiamo di seguito.
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di Mario Celentano
“Antologia 2018-2022”. Una breve introduzione.
Confesso di trovarmi in imbarazzo a dovermi spiegare e a presentarmi, non essendo io un abile oratore, né uno scrittore, e non avendo molto di biografico da raccontare. Tuttavia so bene che agire è necessario, e dunque mi avvio, claudicando, a dire qualcosa di me: mi chiamo Mario Celentano, sono caprese di nascita (classe ʼ97) e fui invogliato al disegno e allʼarte già in tenera età dalla mia famiglia (che, da parte di padre, ha una lunga ascendenza nellʼarte fotografica); cresciuto, ho voltato la passione in studio, diplomandomi prima al Liceo Artistico “Francesco Grandi” di Sorrento (2016), e successivamente presso lʼAccademia di Belle Arti di Napoli in Pittura (2020) e specializzandomi poi in Grafica dʼArte (2021).
Ho avuto modo di esporre in tre mostre prima dellʼattuale. Due collettive presso lʼaula 302 dellʼAccademia di Belle Arti di Napoli, entrambe a cura del prof. Rino Squillante: “Four”, dal 12/12/2017 al 20/12/2017, e “From Naples ‒ Postcards project. Fiftieth selected studentsʼ works”, dal 22/01/2019 al 31/01/2019; e una personale, che potrebbe considerarsi il preludio di quella attuale: “Abyssus. Il silenzio degli innocenti”, presso Villa Fondi De Sangro in Piano di Sorrento (Napoli), dal 20/09/2018 al 28/09/2018.
Il principio dellʼesposizione corrente è, a dire il vero, assai semplice, ed espresso appieno già nel titolo: da un lato ‒ e più superficialmente ‒ essa è una selezione di lavori che, pur diversi per tecnica e tematica, sono accomunati dalla cronologia di realizzazione, e dunque coprono lʼarco temporale che va dallʼestate del 2018 a quella attuale. Tuttavia, il termine «antologia» si riferisce ‒ non affatto secondariamente, ed anzi in parte ben più determinante ‒ agli effettivi “motivi ideali” che, incalzandomi, hanno favorito ‒ più o meno o piacevolmente, e più o meno adeguatamente ‒ il componimento dei gruppi di opere in mostra.
Ma, venendo alla “materia bruta” ‒ chʼè poi quella di cui mi occupo! ‒, anticipo che i lavori sono in parte pittorici e in parte grafici, pur con una maggioranza di “monotipi”: la “monotipia” è ‒ per i non addetti ai lavori, e molto in generale ‒ una tecnica di stampa che permette la realizzazione di un unico esemplare, e concede allʼartista unʼampia gamma di soluzioni operative. È grazie a questo processo (apporre il colore ‒ lavorarlo ‒ stampare) che, da alcuni anni, trovo molta soddisfazione, poiché mi permette di dire meglio quello che ho da dire.
Si sarà notato che ho evitato ‒ se non esprimendomi molto in generale ‒ la descrizione specifica e “stilistica” [termine che non amo, perché troppo restrittivo] dei lavori, e ciò perché questi ultimi sono, effettivamente, assai diversi sia per fattura che per resa emotiva, ed inoltre trovo che sarebbe abbastanza prolisso (da parte mia) e tedioso (soprattutto per il lettore) star qui ad elencare le caratteristiche tecniche e le specifiche modalità operative, nonché le diverse motivazioni esperienziali ed emotive che sono legate alle opere e che hanno permesso il loro compimento, le quali [mi riferisco a queste ultime], dopotutto, poco interessano al fruitore, il quale non è una tabula rasa, ma anzi ha parte attiva e determinante, ben più dellʼautore, sullʼinterpretazione dellʼopera (e in particolare, per questʼultimo concetto, mi rifaccio a pensatori ‒ passati e presenti ‒ ben più eruditi e dotati di me). Dirò, tuttavia, che questi lavori spaziano da raffigurazioni minuziose e bizzarre per colori e soggetti, passando per immagini “pastose” e “allarmanti” intervallate a disegni fini e meno fini, e giungendo a figure crude e drammatiche. Specifico inoltre non vʼè nulla di mistico, ed anzi aborro qualunque pretesa esoterica, trascendentale et similia delle opere (e non solo delle opere) poiché penso che lʼarte ‒ la quale già è problematica da definire ‒ sia una cosa molto concreta (come ho avuto modo di apprendere in Accademia e al di fuori), fatta di «cose» e, soprattutto, «fatta» con atti, e che lʼartista ‒ e qui non posso che citare Guttuso ‒ «che si mette a dipingere, si mette a dipingere, di solito, con lo spirito più semplice possibile» [Guttuso: Natura morta con peperoni, “Come nasce unʼopera dʼarte”, dir. da F. Simongini, Rai, Italia, 20 febbraio 1975].
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