Operaio della Sippic morto di tumore, il giudice condanna l’azienda elettrica di Capri a un maxi-risarcimento a favore degli eredi
29 Dicembre 2020
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Operaio della Sippic morto di tumore, il giudice condanna l’azienda elettrica di Capri a risarcire la famiglia. Una sentenza storica quella emessa del giudice di lavoro del tribunale di Napoli Giuseppe Gambardella, che ha accolto il ricorso presentato dagli eredi dell’operaio S.F., assistiti dagli avvocati Gino Spagnuolo Vigorita e Giuseppe Todisco.
La notizia è stata diffusa in anteprima questa mattina dal Corriere del Mezzogiorno ed ha immediatamente fatto il giro dell’isola.
Il tribunale, come si legge nel dispositivo della sentenza di primo grado, “accertata la responsabilità della convenuta Sippic Spa in ordine al decesso di S.F., condanna la predetta resistente a corrispondere ai ricorrenti, rispettivamente coniuge e figlio del de cuius, l’importo complessivo di euro 361.787,15 (…), oltre interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dalla data del decesso sino al saldo”. A queste vanno aggiunte, sempre a carico della Sippic, le spese di lite e le spese di Ctu.
S.F. era un operaio specializzato della Sippic, dipendente dell’azienda elettrica dal 1974 al 2000. Lavorava nella centrale di produzione a Marina Grande. Poco dopo essere andato in pensione, nel 2002, scoprì di avere un tumore alle corde vocali. Fu sottoposto a due interventi, iniziò la radioterapia, l’incubo sembrava finito ma si ripresentò. La diagnosi: carcinoma con metastasi polmonari ed epatiche. Nell’estate del 2010 la morte dopo atroci sofferenze.
Fondamentale per il giudice è stata l’approfondita relazione del Ctu, consulente tecnico d’ufficio, Clementina Bovienzo, che, al termine del suo dettagliato lavoro, è giunta, “in tutta scienza e coscienza, alla conclusione, che il signor S.F. era affetto da carcinoma polmonare da pregressa esposizione lavorativa ad amianto e fumi di combustione, valutabile nella misura dell’80% che ne ha, poi, determinato il decesso sopraggiunto in data 03 / 07 /2010”.
Per quanto concerne il nesso di causalità con l’attività lavorativa svolta dall’operaio, il Ctu ha ritenuto soddisfatti, per la storia clinica, i criteri medico-legali di accertamento del nasso causale tra la neoplasia polmonare e la pregressa esposizione lavorativa all’amianto ed ai fumi di combustione “se non come causa unica e diretta sicuramente quale causa preponderante e necessaria”.
Fra sessanta giorni verranno depositate le motivazioni della sentenza.
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