Il sogno a colori: doppia esposizione artistica di Fabio Capoccia a Capri nella nuova sala mostre di piazza Cerio e all’hotel Villa Helios
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La mostra di arte contemporanea “Capri, il sogno a colori” patrocinata dalla Città di Capri presenta al pubblico una selezione di dipinti olio su tela e tavola con tema l’isola di Capri realizzati dall’artista toscano Fabio Capoccia negli ultimi tre anni. L’esposizione vuole fare conoscere al pubblico i luoghi simbolo dell’isola attraverso un percorso espositivo dove il colore costruisce le forme del luogo coinvolgendo emotivamente e sensorialmente lo spettatore. Osservare i luoghi dell’isola nei dipinti di Capoccia attraverso i cromatismi accesi e dinamici significa scoprire Capri attraverso la sua energia più profonda che da sempre ha contribuito alla formazione e alla salvaguardia della propria dignità e bellezza.
La mostra, a cura di Paola Lo Sciuto, è allestita contemporaneamente in due esclusive location sull’isola: la nuovissima sala comunale sita in Piazza Cerio n.10 a due passi dalla Piazzetta e l’Hotel Villa Helios in Via Croce n.4. L’evento si svolge con il patrocinio della Città di Capri e sarà inaugurato sabato 27 agosto in Piazza Cerio a partire dalle ore 19.00. L’esposizione rimarrà aperta al pubblico fino a sabato 3 settembre con orario quotidiano 11.00-21.00.
Artista di creatività riconosciuta in ambiti culturali di rilievo nazionali e internazionali Capoccia sviluppa da molti anni significativi progetti artistici con istituzioni e privati. Tra le esposizioni personali più recenti quella dell’estate 2021 all’Hotel Terme di Saturnia Natural SPA & Golf Resort. Dall’8 al 19 aprile 2022 con il patrocinio di Roma Capitale ha esposto un ciclo pittorico sulla Passione nella basilica di Santa Maria in Aracoeli al Campidoglio. Nell’autunno 2022 le opere di Capoccia sono ospitate negli spazi del Museo Mastroianni all’interno del Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro a Roma.
Collezioni d’arte pubbliche e private italiane e all’estero accolgono permanentemente i lavori del Maestro.
INTERVISTA ALL’ARTISTA
Da dove nascono queste opere?
Dagli anni che ho passato qui, sull’isola. Capri è una realtà mobile, estremamente indaffarata a raccontarsi. Basta allontanarsi dalle luci, dai corridoi di gente, dalle zone di società per rendersi facilmente parte di una sostanza diversa concretamente insulare e divergente.
Perché parlare di Capri attraverso il colore?
Perché è la mia lingua. Ognuno come era solito asserire Fellini dovrebbe semplicemente esprimersi solo attraverso ciò che gli è più congeniale. Ogni pennellata impressa sulla tela non è altro che la vita vissuta fino a quel momento e anche quella che verrà. Il colore crea una forma percettiva istintivamente comprensibile per tutti. Questa forma assume poi un valore conoscitivo, dialettico e vitalistico con la luce.
Cosa rappresenta Capri per lei?
Una dimensione, un gesto di eternità, un tempo vergine e un po’ scolorito. Anche per questo sento che il colore chiama per suscitare ancora il piacere e la curiosità della bellezza; intesa soprattutto come umano divenire. Chi si ferma sull’isola per un periodo prolungato e da essa non ha ricevuto i natali sente di appartenerle da sempre eppure cercando poi forme di escapismo necessarie per l’eterna rinascita. Negli interstizi di questa marea quasi onirica germoglia l’attimo, il dispositivo psichico e sensoriale che è padre ineffabile della creazione.
L’artista può oggi ancora e nel domani rappresentare qualcosa o abitare un luogo socialmente utile?
Sì. Nella maniera più assoluta. L’artista esiste in sé, da sempre. Oggigiorno più che mai è esso stesso il luogo in cui vivere e rappresentare la propria arte. Lo strumento (e nulla più) per conoscere e far conoscere l’umanità. Il resto non conta, anzi è antitetico e oppositivo all’arte e per questo nella società del banale come rappresentanza della conoscenza sempre più divulgato ed elogiato.
Capri. Quando è arrivato a Capri per la prima volta?
In una giornata di luglio, con il mare in tempesta. Presi da Napoli il traghetto necessariamente. Il molo di Marina Grande era zuppo e l’aria coceva. Tutto era già lì, già dipinto.