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Premiato a “Capri Hollywood” Nick Nolte, il ribelle del cinema americano che ama l’Italia

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Nick Nolte, il grande ribelle del cinema americano, oggi è un santone gentile che ama l’Italia (“qui c’è ancora spazio per l’umanità e le sue storie, e per l’umorismo”) ma anche un ambientalista convinto che non fa sconti a Trump. “E’ un presidente che non crede a nulla, solo a se stesso”, dice con l’inconfondibile voce roca. Nolte affida ai suoi ultimi film messaggi forti: contro il cambiamento climatico (‘The last word’, sul set) e al fianco delle famiglie con malati di Alzheimer (‘A Head full of honey’ di Til Schweiger) e ne parla con convinzione.

Lunga barba bianca, cappello a larghe falde che nasconde gli occhi di giaccio, felpa grigia logata ‘Capri, Hollywood’, il 77enne attore è sull’isola azzurra per ritirare il ‘Legend award’ che gli ha assegnato il festival prodotto da Pascal Vicedomini dove ha presentato il remake di un film tedesco. Il suo ruolo è quello di un anziano malato ed è diretto dallo stesso Schweiger che nel 2014 firmò il primo film, grandissimo successo in Germania. E proprio per poter veicolare un messaggio positivo sul tema in tutto il mondo, spiega Schweiger, è stato girato un remake in lingua inglese, con un super cast di cui fa parte anche Matt Dillon. “E’ un film che parla di come possiamo rapportarci noi sani con le persone malate, con Til abbiamo voluto parlare del problema senza pesantezze, con ironia. E’ stata una nostra scelta e può essere anche criticata, ma siamo sicuri che questo film potrà aiutare le famiglie. Si tratta di una condizione che è molto diffusa tra le persone anziane – racconta -. Ricordo che da bambino mi rapportavo allegramente con mia nonna malata. Nel film c’è anche mia figlia Sophie Lane Nolte. Farà l’attrice? Til l’ha scelta, io la lascio libera, non voglio certo influenzarla”.

Da un anno circa frequenta il nostro Paese per preparare ‘Last Words’ di Jonathan Nossiter, alcune scene sono state girate recentemente ai templi di Paestum. “Siamo stati alla cineteca di Bologna – racconta Nolte – perché ci sarà anche un film nel film, e a Venezia. Ma il nome del mio personaggio, Shakespeare, è stato un’idea di un abitante di Paestum, che vedendomi mi chiamò cosi. La storia (tratta dal romanzo Mes derniers mots di Santiago Amigoreno, ndr) è ambientata nel 2086, io ho più di 100 anni. L’uomo è ormai vicino all’estinzione a causa del riscaldamento globale, siamo rimasti solo io e Kal, un giovane africano. Purtroppo sono tutte cose che gli scienziati hanno previsto da tempo. Un argomento certo scioccante, ma se la politica globale non troverà alternative, la fine dell’uomo è segnata”.

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